sabato 31 ottobre 2015

Note a margine dell'invasione francese in Telecom.

Il finanziere francese Xavier Niel, proprietario di Le Monde, ma anche dei diritti di My Way di Frank Sinatra, e da sempre attivo nel mondo delle telecomunicazioni francesi, detiene da qualche giorno il 15% delle azioni dell’incumbent e operatore storico nazionale della telefonia italiana Telecom. Leggendo sui giornali i numerosi ritratti dell’ex Mr. Minitel e le dichiarazioni interlocutorie del Governo e di altri attori istituzionali, che tacciono o prendono tempo nonostante l’importanza di Telecom, proprietario della rete, per il piano di investimenti sulla banda larga e ultralarga necessario a riportare il Paese in linea con gli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea, nonché per la crescita del Paese e lo sviluppo del nuovo ecosistema produttivo 4.0, mi sono venute subito in mente due considerazioni sul sistema globale dei media e sul nostro sistema Paese.

Prima considerazione (che può sembrare una boutade provocatoria ma non lo è). Niel è stato uno dei primi ad aver intuito, sin dalle chat erotiche proposte sul Minitel francese alla fine degli anni ‘80, che il sesso poteva diventare un grande driver dello sviluppo delle reti sociali di comunicazione. Dopo la rivoluzione dell’68, negli anni 2000, la dimensione sessuale viene di nuovo prepotentemente alla ribalta, così come tutte le istanze soggettive basate sul corpo: riemerso nella sfera pubblica grazie alla tv commerciale, che antepone la dimensione corporea ai codici letterari tipici della nascita dell’opinione pubblica borghese, il corpo (dal punto di vista sessuale, genetico, politico) diventa il grande protagonista dell’era della comunicazione postumana, o meglio ultra-umana, in quanto caratterizzata da strumenti di comunicazione in grado di porsi come mera estensione dell’uomo. Il legame tra sesso e web 2.0, nuovo luogo (o meglio piattaforma) di elaborazione delle tante sfere pubbliche multisettoriali, diventa così sempre più consustanziale, tanto che Youtube viene universalmente considerato la più grande piattaforma di condivisione di video dopo Youporn (in grado quest’ultima, secondo il sociologo dei media Alberto Abruzzese, di riportare alla sua natura originaria l’esperienza umana, e anche per questo perfetta metafora della sempre più prossima resa dei conti tra conoscenza e persuasione nella civiltà occidentale).

Seconda considerazione. L’ingresso in Telecom da parte di Xavier Niel segue di pochi mesi l’acquisizione di un pacchetto di azioni pari al 20% della stessa azienda da parte del colosso internazionale dell’entertainment (tv, tlc, videogiochi, pubblicità) Vivendi del finanziere bretone Vincent Bollorè. L’investimento di imprenditoria e finanza francese nelle comunicazioni e nei media – in questo periodo il  terzo “moschiettere dei new media” Patrick Drahi fa shopping di aziende del settore direttamente negli USA – rappresenta un fatto assolutamente inedito per il nostro Paese, in cui storicamente manca la figura dell’editore puro (almeno a livello nazionale) con tutte le conseguenze nefaste sul pluralismo dell’informazione, tanto di quello esterno che di quello interno (come evidenza in alcuni suoi scritti l’economista Michele Polo), e in cui il settore delle telecomunicazioni, tranne casi illuminati ma sfortunati, è stato sempre visto solo come preda finanziaria da scalare o porta di ingresso per il salotto buono della finanza.

La comunicazione e i media non sono mai stati percepiti dai nostri imprenditori come un comparto unitario in cui investire, se non per attività di promozione e immagine (e forse non è un caso che l’unico editore nazionale puro, Urbano Cairo, patron di La7 e importanti periodici popolari, viene dal mondo della pubblicità) o con finalità sociali, utili al rafforzamento della brand equity delle più importanti aziende manifatturiere.


A fronte di ciò, non bisogna poi stupirsi che, per il posizionamento dei temi dei nuovi media, della cultura e dell’audiovisivo nell’agenda delle public policies nazionali e locali, così come per il sostegno pubblico (economico, diretto o indiretto) ai settori della comunicazione, l’Italia si trovi in grave ritardo rispetto ai principali competitors europei, a partire proprio dalla Francia di Drahi, Bollorè e Niel.

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