Se Graziella Pagano, commentando la notizia di una candidatura unitaria anti-primarie di Teresa Armato, cita, in maniera inequivocabilmente sarcastica, una certa sovra-rappresentazione del modello Ercolano, rappresentato dall’elezione di Ciro Buonajuto, Antonio Bassolino riprende, con tanto di hashtag, il noto “Enrico #staisereno” di renziana memoria, mentre la diretta interessata chiude il cerchio invitando tutti a digerire con quello stesso Malox, che Beppe Grillo aveva ingerito dopo la presunta sconfitta delle elezioni europee 2014, dandone pubblicità con una foto postata su Twitter. L’appassionato scambio di battute al vetriolo tra i tre protagonisti di vent’anni di politica napoletana conferma pertanto alcuni degli stilemi tipici della politica online, quali la diffusione di battute e giochi di parole sui temi al centro dell'agenda, e la capacità di generare un flusso ininterrotto di interazioni discorsive che coinvolge attori politici, giornalisti e militanti.
Nella nuova centralità assunta dalle piattaforme social, gioca però un ruolo importante la possibilità di interazione tra quanti appartengono alle tradizionali élite (politici e media) e i membri delle non élite (i comuni cittadini). Se recenti ricerche empiriche hanno dimostrato che, nella scelta di diventare follower dei soggetti politici, per gli elettori non conta più la volontà di sentirsi vicini ai membri di questa èlite, quanto la possibilità di essere aggiornati continuamente su fatti e notizie recenti, l’atteggiamento dei politici locali riattualizza, invece, come già dimostrato dalle performance di alcuni nella recente campagna elettorale regionale, i canoni già televisivi della personalizzazione e dell’ esibizione della propria intimità. Mentre la trasformazione delle pagine Facebook in una mera vetrina elettorale gratuita, spesso curata “in casa”, riproduce, in maniera mirata, piuttosto che per inesperienza, un modello broadcast, finalizzato alla self promotion, gli scontri tra futuri candidati tramite i social ripropongono nel nuovo contesto l’autoreferenzialità tipica dei dibattiti veicolati dagli old media.
Se la finalità strategica della presenza su Twitter da parte del politico locale diventa parlare ai suoi avversari, interni o esterni al partito, o al massimo ai giornalisti, che si adagiano su questa nuova dimensione della politica pop per fare notizia, difficilmente questa nuova espressione dei processi di ibridazione mediale si piegherà all’esigenza di realizzare pratiche discorsive efficaci con i cittadini, e tanto meno l’uso dei social media potrà diventare un utile strumento di mobilitazione dell’elettorato e di conversione dei potenziali astenuti, come hanno saputo fare negli ultimi anni i trionfatori delle elezioni presidenziali in USA e Francia Obama e Hollande.
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