giovedì 3 dicembre 2015

Il vero problema dei like alla Regione Campania.

Da un paio di giorni, i quotidiani e siti di informazione locali stanno concentrando la loro attenzione sul Likegate della Regione Campania. È infatti fuoriuscita dai corridoi di Palazzo Santa Lucia la notizia secondo la quale, all’interno di pacchetto di azioni di comunicazione e marketing turistico per Expo affidato alla nota agenzia pubblicitaria abruzzese Pomilio Blumm, specializzata in comunicazione per enti pubblici ed istituzioni, siano stati spesi circa 40mila euro per una campagna di promozione online su Facebook: in sostanza l’algoritmo di Zuckerberg, dietro compenso, ha proposto sulle bacheche di tutti gli utenti geolocalizzati in Campania (sarà capitato anche a voi!) l’invito a mettere “mi piace” alla pagina istituzionale della Regione. Così i like della pagina social regionale sono cresciuti in poche settimane da meno di 5mila a più di 50mila, ponendo la Campania, fino a pochi mesi fa decima, al primo posto tra le Regioni più “gradite” su Facebook. Visto che la spesa è stata effettuata con fondi europei messi a disposizione dal programma interregionale POIN “Attrattori culturali, naturali e turismo”, i rappresentanti di Forza Italia al Parlamento Europeo hanno già presentato un’interrogazione urgente sulla vicenda alla Commissaria UE alle Politiche Regionali Corina Cretu.
Mentre il dibattito giornalistico e sui social esprime in sostanza forti perplessità sull’utilizzo di fondi pubblici per “comprare” like su Facebook, il responsabile della comunicazione e informazione multimediale (figura fortemente voluta dal Presidente De Luca) Mario De Rosa si è giustificando parlando di soldi che non potevano essere spesi in altro modo, di orgoglio per la Regione più presente sui social network, di riorganizzazione editoriale dei contenuti che seguirà a breve. Su quest’ultimo elemento, in particolare, De Rosa ha dichiarato al Corriere del Mezzogiorno: “attendiamo che la risalita sul gradimento e il numero raggiungibili si assesti prima di iniziare con una serie di contenuti redazionali specifici e d’alto spessore. Inutile farlo prima con numeri ancora bassi”.
A mio parere, il vero problema di tutta questa vicenda non è l’utilizzo di fondi europei per attività di comunicazione e marketing sui social media, ma il loro uso in una logica di visibilità dell’ente (la regione con più like su Facebook) piuttosto che di engagement e coinvolgimento della cittadinanza. Seguendo questo approccio, ormai comune nel settore delle pubbliche relazioni digitali, la Regione avrebbe dovuto puntare: su una nuova pagina più dinamica e ricca di contenuti facilmente condivisibili (“virali”), sia per i più giovani nativi digitali, sia per i 40-50enni immigrati digitali, che sempre più popolano il social di Zuckerberg (ormai il più “maturo” tra le piattaforme per le comunicazioni interpersonali diffusesi nell’era del web 2.0); su un’integrazione strategica e successiva differenziazione “editoriale” tra le pagine Facebook, Twitter e Instagram; sulla creazione di uno o più canali YouTube, e sulla diffusione di video (formato sempre più attraente sui social media e in generale nel mondo online), prodotti magari con il coinvolgimento delle più note factories creative presenti sul territorio.

Con la sua azione, la Regione Campania ha dimostrato di puntare al web 2.0 solo in ottica di visibilità, riproducendo nel confronto tra Regioni, quella horse race basata sul numero di followers che influenza l’approccio dei più importanti leader nazionali nell’uso di Twitter e Facebook (approccio invero fomentato anche da certa stampa e dalla sua superficiale lettura delle metriche utilizzate per analizzare la comunicazione politica online). Ma soprattutto, Palazzo Santa Lucia ha dimostrato di non conoscere la più banale regola del web 2.0 secondo cui la reputazione è elemento essenziale e da curare con maniacale attenzione: un’online reputation che si costruisce prima valorizzando e creando contenuti specifici, poi “risalendo” nel numero di utenti raggiunti, e non il contrario, e che, cosa ancora più importante, va continuamente messa in discussione e monitorata in maniera professionale.

Nessun commento:

Posta un commento