Da un paio di giorni, i
quotidiani e siti di informazione locali stanno concentrando la loro attenzione
sul Likegate della Regione Campania.
È infatti fuoriuscita dai corridoi di Palazzo Santa Lucia la notizia secondo la
quale, all’interno di pacchetto di azioni di comunicazione e marketing
turistico per Expo affidato alla nota agenzia pubblicitaria abruzzese Pomilio
Blumm, specializzata in comunicazione per enti pubblici ed istituzioni, siano
stati spesi circa 40mila euro per una campagna di promozione online su
Facebook: in sostanza l’algoritmo di Zuckerberg, dietro compenso, ha proposto
sulle bacheche di tutti gli utenti geolocalizzati in Campania (sarà capitato
anche a voi!) l’invito a mettere “mi piace” alla pagina istituzionale della
Regione. Così i like della pagina social regionale sono cresciuti in poche
settimane da meno di 5mila a più di 50mila, ponendo la Campania, fino a pochi
mesi fa decima, al primo posto tra le Regioni più “gradite” su Facebook. Visto
che la spesa è stata effettuata con fondi europei messi a disposizione dal
programma interregionale POIN “Attrattori culturali, naturali e turismo”, i
rappresentanti di Forza Italia al Parlamento Europeo hanno già presentato
un’interrogazione urgente sulla vicenda alla Commissaria UE alle Politiche
Regionali Corina Cretu.
Mentre il dibattito giornalistico
e sui social esprime in sostanza forti perplessità sull’utilizzo di fondi
pubblici per “comprare” like su Facebook, il responsabile della comunicazione e
informazione multimediale (figura fortemente voluta dal Presidente De Luca)
Mario De Rosa si è giustificando parlando di soldi che non potevano essere
spesi in altro modo, di orgoglio per la Regione più presente sui social
network, di riorganizzazione editoriale dei contenuti che seguirà a breve. Su
quest’ultimo elemento, in particolare, De Rosa ha dichiarato al Corriere del
Mezzogiorno: “attendiamo che la risalita sul gradimento e il numero
raggiungibili si assesti prima di iniziare con una serie di contenuti
redazionali specifici e d’alto spessore. Inutile farlo prima con numeri ancora
bassi”.
A mio parere, il vero problema di
tutta questa vicenda non è l’utilizzo di fondi europei per attività di
comunicazione e marketing sui social media, ma il loro uso in una logica di
visibilità dell’ente (la regione con più like
su Facebook) piuttosto che di engagement
e coinvolgimento della cittadinanza. Seguendo questo approccio, ormai comune
nel settore delle pubbliche relazioni digitali, la Regione avrebbe dovuto
puntare: su una nuova pagina più dinamica e ricca di contenuti facilmente
condivisibili (“virali”), sia per i più giovani nativi digitali, sia per i
40-50enni immigrati digitali, che sempre più popolano il social di Zuckerberg
(ormai il più “maturo” tra le piattaforme per le comunicazioni interpersonali
diffusesi nell’era del web 2.0); su un’integrazione strategica e successiva differenziazione
“editoriale” tra le pagine Facebook, Twitter e Instagram; sulla creazione di
uno o più canali YouTube, e sulla diffusione di video (formato sempre più
attraente sui social media e in generale nel mondo online), prodotti magari con
il coinvolgimento delle più note factories
creative presenti sul territorio.
Con la sua azione, la Regione
Campania ha dimostrato di puntare al web 2.0 solo in ottica di visibilità,
riproducendo nel confronto tra Regioni, quella horse race basata sul numero di followers
che influenza l’approccio dei più importanti leader nazionali nell’uso di
Twitter e Facebook (approccio invero fomentato anche da certa stampa e dalla
sua superficiale lettura delle metriche utilizzate per analizzare la
comunicazione politica online). Ma soprattutto, Palazzo Santa Lucia ha
dimostrato di non conoscere la più banale regola del web 2.0 secondo cui la
reputazione è elemento essenziale e da curare con maniacale attenzione: un’online reputation che si costruisce
prima valorizzando e creando contenuti specifici, poi “risalendo” nel numero di
utenti raggiunti, e non il contrario, e che, cosa ancora più importante, va
continuamente messa in discussione e monitorata in maniera professionale.
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